immunità. Risolto un bug in iPhone che bloccava le notifiche

immunità.  Risolto un bug in iPhone che bloccava le notifiche

Le notifiche non sono arrivate, dovevi aprire l’app per vederle e nessuno lo ha fatto da allora in teoria, questi avvisi sarebbero dovuti comparire automaticamente sullo smartphone. Ma fonti legate al dipartimento innovazione ora conosciamo i problemi immunità Sugli iPhone non ci sono più. Il problema è stato risolto grazie all’intervento degli sviluppatori Cucchiai per piegare E per aiutare Apple. Con la nuova versione dell’app per iPhone, la 2.1.3, sembra che le cose siano tornate alla normalità.

Il bug di programmazione, il bug, era ovviamente nell’app stessa e non nell’iO dell’iPhone. Non si sa quante persone ce l’hanno, ma non ha colpito tutti. Devi solo scaricare l’ultima versione dell’applicazione per essere sicuro. Germania, Paesi Bassi e Irlanda, che tra gli altri paesi utilizzano la stessa piattaforma Apple e Google su cui è costruito Immuni, non hanno riscontrato problemi simili. La premessa avanzata, ma ancora da verificare, è che siamo partiti nel loro caso dalla versione software, Application Programming Interface (Api) per l’esattezza, dopo la nostra interfaccia. L’Italia è stata infatti tra le prime a utilizzare la piattaforma dei due colossi nella Silicon Valley per il tracciamento dei contatti.

(ansa)

Il dipartimento guidato dal ministro Paula Pisanu conferma che Apple, rispetto a Google, ha procedure di intervento più complesse, ma è falso che non collabori. Conferma anche 9,5 milioni di download di app. Per quanto riguarda il numero potenziale di persone che potrebbero averlo cancellato, si è riferito invece al Ministero della Salute che è l’unico che ha i dati in dettaglio.

In generale, è possibile ottenere un tasso di disinstallazione del 20% nel campo di applicazione. Immuni potrebbe quindi essere attivo in Italia su circa sette o otto milioni di smartphone. Ma queste sono solo stime.

Questo scetticismo sui numeri sarebbe preoccupante, per usare un eufemismo, se non fosse il male minore. Con 55 focolai individuati, 50mila notifiche e 19mila persone che avvisano chi si è sempre incontrato tramite l’app, Immuni è sulla carta una delle armi che verranno utilizzate in prima linea per contenere il contagio, soprattutto in una fase come questa. È una traccia quasi istantanea dei contatti a rischio, ma non funziona bene perché non è adeguatamente integrata nel sistema sanitario.

Ricordiamoci come funziona. Supponi che l’app ti dica che sei in contatto con qualcuno che è risultato positivo. Non ti dirà il nome del corso o la posizione, i dati sono sempre criptati e anonimi, sei solo a rischio. Ti consiglia di contattare il tuo medico di famiglia, che valuterà se è meglio andare in autoisolamento o prescrivere uno striscio molecolare. Nel secondo caso, se viene riscontrato un positivo, ASL deve attivare la notifica che dalla tua app avviserà le persone che hai incontrato. Peccato che spesso si limiti al risultato del test.

Un call center di recente attivazione che imita nello specifico il modello tedesco sta lavorando per ovviare a questo problema: potrà avviare la procedura in base al risultato del tampone senza passare per l’ASL.

Dal reparto innovazione, ovviamente, insistono sul vantaggio di Immuni. Un’attività essenziale nella fase di crescita di un’epidemia che non consente il tracciamento manuale di potenziali infezioni a causa dei numeri elevati. Infatti ricostruire tutti i movimenti positivi richiede all’operatore 24 ore di lavoro. Con Immuni è una questione di momenti, quando lavori.

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